Quattro eventi ripercorrono le tradizioni legate alla montagna
veronese e al sommo Poeta nell’anniversario dei 700 anni dalla morte che
si festeggerà nel 2021. Partendo da queste tradizioni, Alessandro Anderloni
interpreta sul palcoscenico del Teatro Orlandi di Velo Veronese (VR) quattro canti della Divina Commedia legandoli ai racconti sul Cóvolo di Camposilvano, al Ponte di Veja, al Monte Purga di Velo.
Si inizia venerdì 23 ottobre 2020 con Il Cóvolo e la porta dell’Inferno (Inferno III).
Vuole l’antica leggenda che Dante Alighieri, ospite degli Scaligeri a
Verona, fosse salito in Lessinia per visitare il Cóvolo, voragine che si
apriva allora in una fitta selva, nella valletta di Camposilvano.
Scendendo il sentiero tra i massi di crollo, il Poeta si sarebbe trovato
di fronte alla porta che un tempo chiudeva, con il muro circostante
l’accesso, alla caverna, proteggendo da bestie e ladri le scorte di
carne e formaggi che i montanari vi custodivano, come in un frigorifero
naturale, nel fondo ghiacciato. Al cospetto della parete di roccia
strapiombante, di fronte a questa porta che Dante avrebbe immaginato
quella del suo inferno, con la memorabile scritta: Lasciate ogne speranza voi ch’intrate del canto III di Inferno.
Venerdì 30 ottobre 2020 si prosegue con Il Cóvolo e il ghiaccio del Cocito (Inferno XXXIII).
Se Dante visitò davvero il Cóvolo fu la morfologia della grotta, con le
diverse stratificazioni di roccia, a ispirargli la forma dei cerchi
infernali. La discesa tra i massi di crollo della volta verso il fondo,
tanto simile a quella lungo le ruine che il pellegrino dovette
percorrere nel cammino infernale, gli svelò a poco a poco l’immensità
della caverna. Arrivato ai piedi della frana, si trovò di fronte al
ghiaccio che allora si formava sul fondo. Qui il Poeta immaginò il tappo
del regno dolente, nel centro della Terra e dell’universo, nel punto
più lontano da Dio dove, imprigionato dal ghiaccio che lui stesso crea
con il vento gelido delle sue sei ali, dimora Lucifero, lo ’mperador del doloroso regno a
masticare i tre traditori, come il Conte Ugolino mastica la testa
dell’Arcivescovo Ruggeri, nella straziante scena narrata dal canto
XXXIII di Inferno.
Venerdì 6 novembre 2020 la serata di Dante 700 è dedicata a Il Ponte di Veja e i ponti di Malebolge (Inferno XXI). Nella biografia di Dante, dove i fatti storici si mescolano con le leggende e gli aneddoti, qualcuno ha voluto accogliere la suggestiva ipotesi che il Poeta, ospite degli Scaligeri, fosse salito fino al Ponte di Veja, un arco di quaranta metri ai cui piedi scorre un torrente e si aprono numerose cavità. A ricordare questa visita, il castagno centenario che si trova nelle vicinanze è tuttora chiamato il Castagno di Dante. Niente può suffragare l’ipotesi che al cospetto dell’imponente arco di roccia Dante avesse trovato ispirazione per i ponti che uniscono le Malebolge, nell’ottavo cerchio infernale. Ma nulla vieta di immaginarvi la scena del diavolaccio che sale il ponte portando con sé un barattiere che getta nella pece bollente del fiumiciattolo sottostante, dove il poveraccio è infilzato da diavolacci-cuochi, come fosse carne lessa in una caldaia, come si racconta nel XXI canto di Inferno.
Venerdì 6 novembre 2020 la serata di Dante 700 è dedicata a Il Ponte di Veja e i ponti di Malebolge (Inferno XXI). Nella biografia di Dante, dove i fatti storici si mescolano con le leggende e gli aneddoti, qualcuno ha voluto accogliere la suggestiva ipotesi che il Poeta, ospite degli Scaligeri, fosse salito fino al Ponte di Veja, un arco di quaranta metri ai cui piedi scorre un torrente e si aprono numerose cavità. A ricordare questa visita, il castagno centenario che si trova nelle vicinanze è tuttora chiamato il Castagno di Dante. Niente può suffragare l’ipotesi che al cospetto dell’imponente arco di roccia Dante avesse trovato ispirazione per i ponti che uniscono le Malebolge, nell’ottavo cerchio infernale. Ma nulla vieta di immaginarvi la scena del diavolaccio che sale il ponte portando con sé un barattiere che getta nella pece bollente del fiumiciattolo sottostante, dove il poveraccio è infilzato da diavolacci-cuochi, come fosse carne lessa in una caldaia, come si racconta nel XXI canto di Inferno.
Alessandro Anderloni |
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