Il film comincia con il racconto di una fiaba: durante il Medioevo in
un villaggio tedesco un uomo fa guarire la sua bambina da una malattia
mortale attraverso l’operato di una strega, che le dona però poteri
sinistri. Ecco che suo padre è costretto ad abbandonarla nel bosco, dove
la “bella bambina con il cappello rosa” comincia ad ammazzare altri
coetanei. Gretel (Sophia Lillis), che adora questa fiaba, dopo aver
rifiutato di prostituirsi viene mandata via di casa insieme al
fratellino Hansel (Samuel Leakey) dalla loro madre rimasta vedova che
non può più badare a loro. I due si ritrovano nel bosco e si rifugiano
in casa dell’anziana Holda (Alice Krige), che li ospita facendosi
aiutare nelle faccende di casa. Dopo un po’ Gretel viene turbata da
voci, sogni e visioni e comincia a chiedersi chi sia davvero Holda e
cosa nasconda.
Oz Perkins
non smentisce la sua attitudine all’horror e rielabora in maniera
affascinante la fiaba nata in epoca medievale riportata dai fratelli
Grimm, che già conteneva in sé semi orrorifici. Cerca di evocare in ogni
modo un cinema classicheggiante, sensazione che si avverte sin dal logo
animato della Orion Pictures che compare come prima immagine della
pellicola. Ogni singola inquadratura predilige spesso e volentieri campi
singoli ed è curata nei minimi particolari per rassomigliare ad un
dipinto, con i fini giochi di luce di Galo Olivares che miscelano toni
gotici degni del miglior cinema classico tedesco insieme a toni da
fiaba.
La
prima metà del film è un suggestivo horror en plein air, poi il
racconto rallenta leggermente prima di ripartire con slancio per il gran
finale. L’universo costruito da Oz Perkins, dominato dalle forme
espressioniste della dimora di Holda (il triangolo è quella ricorrente e
centrale) tutt’altro che commestibile come invece accade nella fiaba,
galleggia appena sulla superficie dell’horror senza osare più di tanto,
senza jump scare, immagini truci né escamotage audio, e si poggia per
gran parte su Sophia Lillis, già ammirata in “It”, e sull’inquietante
strega Alice Krige. La morale che il regista intende veicolare è tutta
contenuta nella favola della bambina con il cappello rosa inserita nel
prologo: attenzione ai regali che si ricevono.
Una
fiaba che ne contiene un’altra in un effetto matrioska brillante e
rispettoso di quella di partenza. Apprezzabile nella costruzione
dell’intreccio dal punto di vista della mitopoiesi e delizioso
nell’aspetto formale, “Gretel e Hansel” lascia però crollare il ritmo in
alcuni frangenti. Uscito il 31 gennaio scorso negli Stati Uniti
d’America, il film arriva nelle sale italiane dal 19 agosto 2020.
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