Sabato 30 gennaio 2016 alle ore 21,00, la chiesa dei frati Cappuccini di Viale Borri 109 a Varese diventerà
una cattedrale. Questo per ospitare “Assassinio nella cattedrale”,
spettacolo basato sulla rielaborazione drammaturgica e traduzione di Antonio Zanoletti del testo “Murder in the Cathedral” di Thomas Stearns Eliot.
Lo spettacolo – ad ingresso libero – fa parte del calendario di eventi
organizzati per festeggiare i 25 anni di Radio Missione Francescana.
«Anni che diventano 30 se si considerano i cinque in cui la radio
viaggiava sulla roulotte e sul camper» afferma padre Gianni Terruzzi, presidente dell’associazione Radio Missione Francescana.
«Si tratta di uno spettacolo di prosa, realizzato in chiesa perché
tutte le azioni avvengono in una canonica – spiega la regista Luisa Oneto, che si è messa per la prima volta alla prova con questo testo quando aveva 14 anni, sotto la regia di Mauro Campiotti
– Questa volta abbiamo invece voluto interpretare il testo in una
chiave nuova, più attuale, per colpire ancora di più il pubblico e
suscitare nuove emozioni». La chiesa dei frati Cappuccini non è
medioevale, ma ben si presta come ambientazione scenica per la pièce di
Eliot che richiama la storia vera di Thomas Becket,
assassinato nella cattedrale di Canterbury e poi diventato santo. Anche
se antico, il testo offre spunti molto moderni. «Parla della chiesa
sofferente, del dramma dei profughi, della tentazione di usare il potere
ecclesiastico e temporale per la propria gloria e per propri fini ed è
pervaso dall’idea della gloria che arriva attraverso il martirio»
afferma Oneto. Nella chiesa saranno montate alcune scenografie. Ma sarà
privilegiata l’atmosfera che già c’è, resa più “gotica” grazie alle luci
e ai riflettori. Gli attori vestiranno costumi dell’epoca. La
conclusione sarà affidata a un colpo di scena. «Gli attori
traghetteranno gli spettatori dal passato fino ai tempi nostri, il
passaggio sarà reso dalla trasformazione dei costumi e delle musiche. Il
finale sarà a sorpresa, ogni persona potrà accoglierlo come vorrà»
conclude la regista. Il finale ambientato ai nostri giorni è un ponte
verso il futuro. Ed è infatti al domani che guarda padre Terruzzi quando
sogna di «aprire un centro della comunicazione che possa unificare gli
uffici stampa di enti ed associazioni e ospitare un laboratorio per
comunicare la fede».
Tutto senza venir meno alla storia dell’emittente, che è fatta di
onde radio. Secondo padre Terruzzi i mezzi di comunicazione tradizionali
non sono in pericolo di estinzione, basta adattarsi ed essere
flessibili: «Forse, in un futuro non lontano, non si parlerà più di
radio, ma sempre e comunque di audio; non si vedrà più la televisione,
ma una immagine o una serie di immagini in sequenza. Avremo supporti e
canali comunicativi diversi, ma i linguaggi saranno sempre gli stessi».
Anche lo spettacolo è una sperimentazione di linguaggi, da cui
nasce un testo che può essere letto su veri livelli, in cui si può
inserire la propria esperienza personale e qualche riflessione sulla
vita. Si esce con la sensazione di aver fatto davvero tanta strada, ma
di averne davanti ancora di più.
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