martedì 25 luglio 2017

"E a carolar cominciarono" La danza nel Medioevo

Sabato 29 luglio 2017 alle ore 21,30 al Castello di Montefiore Conca torna una serata dedicata alla Danza Antica con lo spettacolo dal titolo "E a carolar cominciarono"
Il progetto e le ricostruzioni coreografiche sono del M° Enrica Sabatini alla direzione del Gruppo di danza storica “Guglielmo Ebreo da Pesaro” (Associazione culturale Pesaro Art&Music) e A.D.A. Montefeltro (Associazione danze antiche Milano).
Amor cortese, riti magici, musiche e danze antiche in cui colto e popolare si intrecciano, saranno i protagonisti del programma presentato nella suggestione e nell’incanto dei metafisici spazi del castello che proprio nel Medioevo accolse come ospiti papi e imperatori.
L’evento fa parte della rassegna Panoramiche Visioni 2017 organizzato da Domino Coop. Soc.
A precedere lo spettacolo per chi volesse VISITA GUIDATA del castello e CENA ROMAGNOLA in terrazza dalle ore 19,30.
COSTO a partire da 8,00 euro
Info e prenotazioni
tel 0541 980179 / cell 334 2701232

domenica 23 luglio 2017

Enrico V al Globe Theatre di Roma

Enrico V di William Shakespeare
fino al 6 agosto 2017 al Globe Theatre di Roma
Adattamento e Regia di Daniele Pecci
Scene e costumi: Susanna Proietti
Musiche: Patrizio Maria D'Artista
Light Designer: Umile Vainieri
Direzione Tecnica: Stefano Cianfichi
Produzione: Politeama S.r.l.
Più che in ogni altro dramma storico, e tutto sommato al pari di molti dei più famosi testi shakespeariani che nel grande racconto della vicenda umana e del mondo finiscono per parlare del ‘palcoscenico’, Enrico V è forse il più emblematico. Questo è infatti, il testo celebrativo del Globe per antonomasia. In esso coesistono, prima di tutto, come nella migliore tradizione del dramma storico (vedi soprattutto le due parti dell’Enrico IV) elementi epici; nella narrazione esaltante e magniloquente  delle vicende della conquista della Francia da parte di un esiguo manipolo di fratelli, e dall’altra il racconto e il linguaggio cosiddetto ‘basso’ della commedia quasi farsesca, per i personaggi della combriccola di Falstaff, e addirittura elementi squisitamente eufuistici, come nel corteggiamento della bella Caterina di Francia nella parte finale del dramma, che ci ricorda i migliori momenti di ‘Molto rumore per nulla’ e soprattutto del magnifico ‘Pene d’amor perdute’. L’elemento nuovo e aggiuntivo però, in un’offerta già così ricca, è rappresentato dal personaggio del Coro, o meglio dall’uso che Shakespeare fa di quest’ultimo. Se da un lato ci accompagna nella narrazione spiegando o commentando le varie scene del dramma, con le parole più belle e più famose ‘Oh, possedere una musa di fuoco che si elevasse al più fulgido cielo dell’immaginazione…’, dall’altro esso ha una funzione quasi illustrativa, pedagogica, esplicativa del teatro e del suo senso più profondo. Una lezione, questa di Shakespeare, e in questo caso fortemente poetica, che si affianca senza nessuna tema di confronto alle grandi ‘lezioni teatrali’ che il Bardo ci ha trasmesso attraverso alcuni dei suoi personaggi più famosi, a cominciare da Amleto nella sua celeberrima ‘lezione agli attori’.
Enrico V è un testo poco rappresentato, nonostante solletichi l’appetito di molti i primi attori grazie all’innegabile fascino del suo protagonista. Personalmente ritengo che sia a causa dell’istintivo legame che questo testo ha col teatro Globe. Sappiamo bene infatti che Shakespeare pensò la quasi totalità delle sue opere per il Globe o per teatri pubblici che ne avevano grosso modo le stesse fattezze. Nell’Enrico V questo legame si fa esplicito con la famosa battuta del coro “…possiamo forse far entrare in questa ‘O’ di legno anche i soli elmi, che quel giorno, atterrirono l’aria di Azincourt?” al punto che Lawrence Olivier stesso ambientò emblematicamente l’inizio e la fine del suo film colossal proprio all’interno del Globe. Lo spettacolo vorrebbe avvalersi prima di tutto di una traduzione agile e scorrevole che io stesso sto curando, della presenza di un nutrito cast di attori, di costumi d’epoca, e qualche elemento scenico…il resto dovrà essere un’invenzione; così come il teatro semplice vuole.
Enrico V è un dramma storico di William Shakespeare composto tra il 1598 ed il 1599.
Il dramma prende spunto dalle vicende di Enrico V d'Inghilterra, re che si distinse per aver conquistato la Francia nel corso della battaglia di Azincourt (25 ottobre 1415).

venerdì 21 luglio 2017

Il Decamerone de I Teatranti

Reduce dai successi del premio nazionale di teatro popolare “il giogo” e del premio nazionale Berta di Sansepolcro, dove si è aggiudicata ben cinque premi (due per la regia, due per il miglior spettacolo e uno per il gradimento del pubblico), la compagnia grossetana, I Teatranti di Fabio Cicaloni, replica nella meravigliosa cornice medievale del Castello di Scarlino il suo Decamerone sabato 22 luglio 2017 alle 21,30.
Tratto dall’omonima opera di Giovanni Boccaccio, questo libero adattamento di Fabio Cicaloni per la regia dello stesso Cicaloni e Andrea Ferrari, racconta di una compagnia teatrale di girovaghi che si trova a Firenze nell’estate del 1630 a mettere in scena alcune novelle del Boccaccio. Il Decameronoffre loro la possibilità di riflettere sull’umanità rappresentata dall’autore, ma, al contempo, lo spunto per giocare sulle storie più piccanti, irriverenti e più spassose che la letteratura ci abbia mai regalato. Fra prove di scena, costumi improvvisati e allestimenti da teatro popolare e commedia dell’arte, i teatranti di oggi diventano i teatranti di allora, ma un colpo di scena rovinerà l’audace impresa.
Il Decamerone è la rappresentazione di tutta l’umanità con le sue astuzie, penose nefandezze e umane debolezze, un contenitore di canovacci strutturati per una compagnia da commedia dell’arte, ma anche una delle opere più vere e autentiche di tutta la nostra letteratura, in quanto carnale e brutale nel suo raccontare l’essere umano. E’ un’opera che ci ricorda di essere vivi e che ci invita a vivere in un momento storico come il nostro in cui tutto è difficile e duro, ma lo vuol fare anche muovendoci a ridere, e non certo per leggera frivolezza, quanto più per consapevole e studiata ironia che si fa vitale. Finché racconteremo storie e finché saremo lì ad ascoltarle come l’onesta brigata del Decamerone, allora saremo certi che ancora viviamo e che esiste sempre un motivo per guardare avanti e vivere fino in fondo la nostra esistenza. Un inno alla vita, dunque, quello che Boccaccio ci alita ancora a distanza di quasi sette secoli, per ricordarci che sta a noi chiuder fuori l’appestato mondo dei corrotti di carne e di spirito per ricreare un universo puro, fatto di semplicità bella e vera.
Ingresso libero.

giovedì 6 luglio 2017

Amalfi 839 a Massa Lubrense (NA)

La storia si svolge nell’anno 839 d.C., in pieno Medioevo. La città di Amalfi è stata conquistata dai feroci Longobardi, provenienti da Nord, guidati dal perfido Sicardo. Due giovani innamorati, Antonio e Giovanna, sono costretti a separarsi a causa della drammatica situazione. Dopo dieci lunghi anni di esilio, Antonio torna nella propria città natale. Divenuto ormai un esperto guerriero, il giovane ritrova Amalfi in preda alle scorribande dei Saraceni, spietati pirati mediorientali, e sotto il consolidato e violento dominio del sanguinario Sicardo e delle sue truppe. Dopo aver ritrovato gli amici d’infanzia Ottavio e Carlo, Antonio scopre che Giovanna, di cui è ancora innamorato, è stata promessa in sposa a Sicardo dal fratello della donna, il Cardinale Luigi. Tra mille peripezie e intrighi, Antonio dovrà cercare la strada per liberare il popolo dalla tirannia e ritrovare così anche l’amore di Giovanna.
Soddisfatta l’assessore al Turismo e Spettacolo Giovanna Staiano la quale oltre a precisarci che in occasione delle due rappresentazioni, che si terranno il 7 luglio in piazza Vescovado e il 3 agosto in piazza Sant’Agata, verranno chiuse al traffico entrambe le piazze per permettere al pubblico di godere dell’incredibile ricostruzione scenografica di luoghi magici, evidenzia come la storia può essere raccontata attraverso uno spettacolo originale coinvolgente e innovativo, cantato completamente dal vivo. Certamente è uno spettacolo assolutamente da non perdere.

lunedì 3 luglio 2017

Sant'Ambrogio e la sua basilica su Rai Storia

Non solo un monumento paleocristiano e medievale, ma anche un punto fondamentale della storia e della cultura milanese. Se ne parla su Rai Storia (Canale 54 del digitale terresrte) lunedì 3 luglio 2017 alle 21.10 per la serie di Rai Cultura “La croce e la spada”.
La Milano del periodo tardo-antico, capitale dell'Impero Romano, svolse un importantissimo ruolo politico e culturale, essendo la principale città europea e un baluardo contro le invasioni barbariche. In questo contesto s’inserì il giovane Ambrogio, che svolse con il mandato imperiale una determinante azione politica mirata a rafforzare le istituzioni.
Ambrogio era nato a Treviri, in Germania, da una nobile famiglia romana della Gens Aurelia. Quando suo padre, governatore delle Gallie e funzionario imperiale, morì, Ambrogio si recò a Roma con la sorella Marcellina e la madre. Proseguì gli studi per la carriera legale ottenendo molti successi come avvocato, finché l’imperatore Valentiniano lo nominò governatore, con residenza a Milano. Rimase in carica per quattro anni, dimostrando di essere al di sopra delle parti e dei partiti, con l’occhio rivolto al bene di tutta la popolazione. Un atteggiamento che gli valse non solo la stima, ma addirittura l’affetto sincero dei più poveri. Ambrogio assunse lo stesso atteggiamento quando fu nominato vescovo. Donò le sue ricchezze ai poveri e le sue terre alla Chiesa, tenendone per sé una piccola parte. Ogni giorno diceva la Messa per i suoi fedeli dedicandosi poi al loro servizio per ascoltarli, consigliarli e difenderli contro i soprusi dei ricchi. Tutti potevano parlargli, in qualsiasi momento. E proprio per i suoi fedeli Ambrogio lavorò, studiò, rischiò la vita, predicò, viaggiò e scrisse libri fino alla fine. Morì il 4 aprile, all’alba del Sabato Santo, quando correva l’anno 397.
Le sue spoglie riposano nella basilica milanese che porta il suo nome, accolte nella cripta che lui stesso volle costruire per ospitare i corpi di San Gervaso e San Protaso. La Basilica fu edificata tra il 379 e il 386 in una zona di sepoltura dei cristiani martirizzati. Per questo venne chiamata Basilica Martyrum. Da quando vi fu sepolto Sant'Ambrogio cambiò nome, assumendo quello attuale.

Un importante riferimento a Sant'Ambrogio è presente anche nel Duomo di Milano. L'ultima campata dell'edificio ospita infatti l'Altare di Sant'Ambrogio, con la pala secentesca del pittore urbinate Federico Barocci, che raffigura l'imperatore Teodosio inginocchiato di fronte a Sant'Ambrogio, con lo scettro e la corona deposti a terra. L'opera si riferisce alla penitenza che il vescovo di Milano impose all'imperatore per aver ordinato un massacro tra la popolazione di Tessalonica. L'episodio, frequentemente rappresentato, era inteso come metafora della subordinazione del potere imperiale a quello papale e conferma l'importanza che Ambrogio ha rivestito non solo al suo tempo ma anche durante i secoli successivi nella storia di Milano.