venerdì 16 novembre 2018

Al Teatro Flavio di Rieti i Carmina Burana dello Spellbound Contemporary Ballet

Apre la programmazione del Teatro Flavio Vespasiano di Rieti, una delle compagnie di danza più interessantiin Italia: Spellbound Contemporary Ballet ripropone a grande richiesta, Carmina Burana, con la coreografia e regia di Mauro Astolfi e le musiche di Carl Orff, Antonio Vivaldi, Aleksandar Sasha Karlic, il disegno luci di Marco Policastro e le scene di Stefano Mazzola, venerdì 16 novembre 2018 alle ore 21,00 grazie alla collaborazione tra Comune di Rieti e ATCL. Lo spettacolo, che aveva debuttato in prima assoluta a Maiori nel settembre 2006, è presentato nel riallestimento per la celebrazione dei 200 anni del Teatro Sociale di Como e per il Prisma Festival de Danza contemporanea di Panama (ottobre 2014).
I Carmina Burana vennero ritrovati, numerosissimi (più di 300 componimenti di vario genere), in un manoscritto dell’abbazia di Benediktbeuren, da cui presero il nome. Vengono fatti risalire per la maggior parte al secolo XIII, quando non era troppo difficile, viaggiando per la Germania e la Sassonia, imbattersi nei goliardi (da cui il nome dato dalla tradizione italiana agli studenti universitari, che in realtà hanno poco o nulla da spartire con i loro omonimi medievali) o più propriamente clerici vagantes, letterati girovaghi studiosi della tradizione poetica greca e latina, cantori del vino, delle donne, del vagabondaggio e del gioco. Poesia burlesca, impudente, sovversiva: si parla senza troppi veli del corpo e della sua quotidiana avventura, se ne esplicano con gioia le funzioni, non si guarda all’altrove. Tace il linguaggio della ratio, si dimentica il decorum e si osa persino irridere audacemente al divino con le cosiddette ‘kontrafakturen’, ossia travestimenti di inni e motivi religiosi in canti profani che suonano come parodia degli evangeli, delle formule di confessione e delle litanie. Eros, dunque, riassorbe thanatos, l’homo faber si trasforma in homo ludens.
“Venus me telo vulneravit / aureo, quodcorpenetravit”… “Venere mi ha colpito con una freccia d’oro, che mi è penetrata nel cuore”: il corpo (a differenza di quello dei dannati nei ‘Giudizi universali’ della pittura medievale che non conosce alcuna floridezza nella resurrezione, soltanto degradazione, pustole e infermità), non è mai detto animale, basso, ‘sozzo’, bensì viene innalzato, liberato e goduto, come nei versi di Ovidio, Marziale e Catullo.

Da questo curioso magma di scurrilità plebea e raffinatezza cortigiana Mauro Astolfi trae – o per meglio dire, deduce in piena libertà, senza alcuna intenzione filologica – una coreografia tutta giocata tra ‘larghi’ e ‘sfrenatezze’ (del resto, è un artista a cui il ritmo ‘medio’ poco o nulla si addice) che agisce lo spazio quasi a volerlo contestare, divisa essenzialmente in tre momenti che scandiscono un crescendo liberatorio: si passa da una brutale aggressione sotto il cupo rombare della pioggia battente a una parte irriverente e grottesca che allude alle giullarate, per culminare infine nell’incendiumcupiditatum, lo scatenamento delle passioni, che avviene nella taberna (qui anche – come spesso anticamente – bordello), luogo di appagamento degli istinti primari.
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